Washington Irving é tanto amato e ricondato a Granada che gli é stata dedicata un’ incisione sulla Porta di Giustizia. Il suo romanzo, Racconti dell’Alhambra, é stato considerato tra i piú belli della letteratura ed é stato tradotto in tutto il mondo.
“Durante i viaggi che facemmo assieme, tempo fa, in certe antiche città della Spagna, (…), vi ricorderete forse quanto fummo impressionati da quella forte mescolanza di gotico e di saraceno, che data dal tempo dei Mori, e dal carattere particolare di certe scene di strada che evocavano per noi le pagine delle Mille e Una Notte. Mi invogliaste a scrivere qualcosa per illustrare questa interessante particolarità (…), che avesse il profumo delle spezie d’Arabia, di cui l’aria della Spagna è ancora tutta impregnata. Richiamo questo alla vostra memoria per dimostrarvi che, in fondo, voi siete il responsabile di quest’opera (…)”.
Washington Irving così si rivolgeva Washington Irving, diplomatico, scrittore e viaggiatore americano, all’amico David Wilkie, pittore inglese con il quale aveva intrapreso un lungo viaggio attraverso la Spagna meridionale, durante il quale aveva soggiornato per un periodo all’interno dell’Alhambra, l’antica fortezza di Granada dalla quale i sovrani arabi dominarono i loro possedimenti spagnoli. L’opera alla quale si riferisce la dedica è appunto i ‘Racconti dell’Alhambra’, pubblicato per la prima volta nel 1832, un libro senza tempo che conserva intatto ancora oggi il suo fascino.
L’interesse di questo libro sta probabilmente anche nei diversi livelli di lettura che presenta. I ‘Racconti dell’Alhambra’ è nello stesso tempo un diario di viaggio e una colorita raccolta di fiabe e leggende arabe e spagnole, che Irving ha ripreso e raccontato con intelligenza e con grande partecipazione. Ma lo scrittore americano era anche un attento studioso della cultura araba, e ci ha consegnato uno spaccato della civiltà islamica di Spagna non privo di un certo rilievo storico e documentario:
“Ricacciate oltre i Pirenei, le orde asiatiche e africane, che componevano questa grande armata, rinunciarono al principio musulmano di espansione e cercarono di stabilire in Spagna una dominazione durevole e pacifica. (…) Lontani dallo loro terra natale, amarono quella che, secondo la loro credenza, Allah aveva donato loro (…) Fondando le basi del loro potere su un insieme di leggi sagge ed eque, coltivando con amore le scienze e le arti, favorendo l’agricoltura, l’artigianato e il commercio, edificarono a poco a poco un Impero di prosperità ineguagliata nei regni cristiani del tempo e circondandosi di quella eleganza e raffinatezza che caratterizzarono l’impero arabo in Oriente all’apogeo della sua brillante civiltà, essi sparsero la luce del Levante nelle regioni occidentali ancora immerse nell’oscurità del Medio Evo europeo”.
Questo passo tratto dal libro può valere bene a mostrare i cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nella nostra rappresentazione della copertina della versione inglese del libromondo arabo. L’idea che esista nell’Islam una qualche tendenza intrinseca verso l’uso della violenza trova nella storia una radicale smentita. Gli stessi principi religiosi o le medesime norme etiche possono evidentemente portare a esiti molto diversi, secondo i gruppi che se fanno interpreti e gli interessi di cui sono espressione. La dominazione araba in Spagna fu ragionevolmente mite, proprio nello stesso periodo in cui l’Europa scopriva nuovi mondi, nei quali avrebbe riversato tutta la sua aggressività e la sua ideologia di conquista. La data del 1492, oltre a rappresentare uno spartiacque storico, si carica così di significati contraddittori: il 3 gennaio cade Granada, ultima roccaforte moresca in Spagna, ponendo fine a una civiltà prospera e complessivamente moderata; il 12 ottobre la scoperta di Colombo apre la strada alla conquista europea, giustificata dalla fede in un Dio che si riteneva giusto.